Come si faceva la trebbiatura una volta?
Mi voglio divertire pensando a quelli che potrei definire “gruppi di acquisto al contrario”. Che cosa vuol dire? Niente, visto che la definizione me la sono inventata io. E allora, vediamo se riesco a darci un significato. Quando si parla di gruppi di acquisto ci si mette insieme per comprare tante istanze di un unico prodotto. Che ne so, 100 cellulare, 3 casse di vino, una scorta di formaggio… insomma, fate voi, compatibilmente con la vostra fantasia. Ecco, un gruppo d’acquisto al contrario lo vedo come tante persone che comprano un unico prodotto. Ho visto un po’ di tempo fa una dimostrazione di trebbiatura come si faceva una volta. E come si faceva? Il comune o una cooperativa di agricoltori (ma all’epoca era più corretto chiamarli contadini) si mettevano insieme per comprare una trebbiatrice. Costava troppo perché qualcuno se la potesse permettere ed, inoltre, era inutile avere una macchina tutta per se, visto che la avremmo usata solo alcune ore. Bene, tu andavi dove c’era la trebbiatrice, ti facevi fare il lavoro e lasciavi li un 10% come compenso (non garantisco la correttezza della percentuale, inoltre non so se questa venisse versata anche nel caso in cui la macchina fosse proprietà del comune, ma questi dettagli hanno poca importanza).
Energia condivisa
Trebbiatrici, mietitrebbie, trattori per arare, mulini… tutti queste cose venivano condivise dalla comunità, ed hanno permesse il progresso delle nostre nazioni. Ho assistito alla presentazione del pregevole libro “la roggia dimenticata” di Paolo Taiariol, dove era straordinario vedere come, approfittando dell’energia dell’acqua, attorno a questo rigagnolo siano sorte un sacco di attività industriali. Cose impensabili giorno d’oggi, in cui petrolio, carbone, nucleare forniscono energia per qualsiasi tipo di lavoro. Al tempo l’energia era poca, ma ben sfruttata e condivisa
Acquistare supercomputer
Oggi ci sarebbe ancora bisogno di gruppi di acquisto al contrario, perché di nuovo ci sono forme strumenti tecnologici poco accessibili ai più, ma necessari per lo sviluppo. Basti pensare ai supercomputer, ormai appannaggio dei soli governi e delle grandi multinazionali. Ma quante piccole aziende ne avrebbero bisogno. Lo so che se tra i lettori di quest’articolo c’è qualche piccolo imprenditore, si starà domandando a cosa potrebbe servirgli. Non immagini nemmeno a quante cose, esattamente come, in passato, non immaginavi l’aiuto che avrebbe potuto darti un PC. Non negare: ci ho impiegato anni per spiegarvelo ed avere in risposta risolini e battutine.
Condividere non è più una necessità
Il fatto è che la società oggi è molto cambiata. Una volta condividere era una necessità, finita la necessità abbiamo anche perso l’abitudine di farlo. Non ci piace. Le nostre cose sono solo nostre, e non ci fa piacere nemmeno usare quelle degli altri. E non parliamo poi delle amicizie rovinate, anche con i parenti. No meglio lasciare stare, e, alla fine, le nostre case sono sommersi di oggetti che abbiamo utilizzato una volta e non sappiamo dove buttare. Non li possiamo nemmeno regalare, perché probabilmente tutti i nostri amici li hanno a casa senza sapere cosa farsene.
Non sprecare
E se proprio non sappiamo condividere e continuiamo a comprare cose che usiamo una sola volta, rivendiamole oppure, se rivenderle ci risulta troppo faticoso, regaliamole a realtà benemerita, come al casa di Emmaus di Azzano Decimo (c’è ne sono migliaia in Italia di realtà simili).