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Quale futuro per il piccolo commercio?

bancone piccolo negozio anni 50

Già sofferente da anni, il piccolo commercio sta vivendo in questo 2020 uno degli anni più terribili che si possano ricordare. Già in crisi a causa della concorrenza della grande distribuzione, il coronavirus con il conseguente lockdown ha fatto fare alle vendite on line un enorme balzo in avanti a discapito del commercio tradizionale. Se per i grossi gruppi commerciali questo è stato un danno, per i piccoli è stata un’autentica mazzata. Non tanto magari per negozi di prodotti alimentari ma per abbigliamento, scarpe, articoli tecnologici ecc. una fetta significativa di acquisti si sono spostati sul web. Questo processo che sicuramente in futuro sarebbe stato inevitabile, molto probabilmente senza la pandemia sarebbe durato anni per arrivare agli attuali volumi di scambio. Basti solo pensare che negli ultimi 4 mesi il valore di Amazon è salito di oltre 70 miliardi di dollari…

Il mercato globale è limitato

Tenendo presente che il mercato globale per quanto grande possa essere è comunque limitato, è chiaro che, all’aumento di valore di uno, corrisponde una diminuzione di valore di qualcun altro. Infatti l’aumento di valore è strettamente correlato alla quota di mercato detenuta. se uno aumenta gli altri calano. E se uno aumenta di 70 miliardi il suo valore quelli che calano sono veramente tanti. Ora il punto non è quello di demonizzare multinazionali come Amazon (anzi, al contrario, tanto di cappello a chi, partendo dal nulla è riuscito a creare una società in grado di produrre più ricchezza di un piccolo Stato), ma di cercare di capire quale futuro potrà avere il piccolo commercio e in quali settori. In realtà alcuni settori sono già quasi scomparsi, pensiamo ad esempio i piccoli negozi di elettronica, soppiantati in toto dalle catene della grande distribuzione (che a loro volta hanno iniziato a subire pesantemente la concorrenza dell’e-commerce…).

Dalle vendite ai servizi?

Potenzialmente tutti i negozi che vendono prodotti di massa, potrebbero essere destinati a sparire. Oppure reinventarsi come fornitori di servizi, pensiamo ad esempio a quei negozianti di scarpe che dopo aver capito che molti clienti, sopratutto tra i giovani, andavano a scegliere modello e numero in negozio per poi acquistare a prezzi più convenienti on-line, trovando oltretutto il favore della clientela. Alcuni persone intervistate dopo aver pagato per le prove scarpe si sono dette soddisfatte della cosa. Con qualche euro eliminano il rischio che il prodotto ordinato non sia della taglia giusta o che non faccia la stessa figura che in foto. Il risparmio sull’acquisto resta comunque soddisfacente anche con questa piccola spesa aggiuntiva. Infine, i negozianti rinunciando alle vendite non dovrebbero più mantenere costosi magazzini ma si limiterebbero ai campionari in esposizione e potrebbero in questo modo non essere costretti alla chiusura.

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