Sono due differenti tipologie di gruppi di acquisto, spesso abbreviati come GAS, quando parliamo di gruppo di acquisto solidale e GAP, quando si parla di gruppo di acquisto collettivo. Oggi vogliamo parlare dei primi.
Cosa sono i GAS, gruppi di acquisto solidale
Sono arrivati in Italia negli anni 80, ma negli Stati Uniti esistevano da almeno un decennio. Hanno avuto una veloce diffusione e, ad oggi, se ne trovano in tutte le città di Italia (e probabilmente anche nella maggior parte dei comuni). Alla base delle scelte d’acquisto dei GAS ci sono i seguenti criteri:
- comprare da piccoli produttori
- i produttori devono essere realtà locali o limitrofe
- eventuale richiesta di certificati relativamente alla qualità dei prodotti e del metodo produttivo
- rispetto dell’ambiente
- trattamento etico dei lavoratori
- metodo di consegna
- convenienza economica (in rapporto alla qualità)
D’ora in poi, per praticità, li chiamerò “punti cardine”. Il modello ha avuto tanto successo che, oggigiorno, stanno fiorendo un sacco di realtà, incluse catene di supermercati, che aderiscono a questa logica (in modo parziale o totale)· Certo una domanda sorge spontanea: se nei principi fondamentali c’è l’acquisto presso piccoli produttori, e il rivenditore è una multinazionale, il palco non cade? Non ho risposte, è una domanda che mi sto ponendo anch’io.
Differenza tra Gruppi di Acquisto Solidale GAS e Gruppi di Acquisto Collettivo GAC.
Comunque, torniamo ai criteri di acquisto dei GAS che abbiamo elencato sopra: la prima cosa che si evince è che i GAS si fondano, primariamente, su principi etici, più che sull’aspetto economico che, non a caso, ho lasciato come ultimo nella lista dei punti. I gruppi primariamente orientati al risparmio, prendono il nome di Gruppo di Acquisto Collettivo GAC.
Anni 80: globalizzazione dell’economia
Qualcuno di voi è, probabilmente, troppo giovane per ricordare, ma, negli anni ’80, si portava a compimento il passaggio del processo produttivo dalle aziende locali alle grandi multinazionali. Sia chiaro, queste esistevano già decenni prima. Le automobili, ad esempio, erano costruite esclusivamente da multinazionali (se vogliamo escludere fenomeni di nicchia come la Ferrari, ma anche queste singolarità erano destinate inesorabilmente a morire negli anni ’80), ma ora le cose stavano cambiando: i giocattoli erano tutti “made in Japan” o “made in Hong Kong”, che poi rappresentavano la Cina di quel periodo. Già, tutte le meravigliose realtà locali stavano sopperendo, sia a livello industriale che culturale. Come? In che senso culturale? Immaginatevi di essere un produttore di bambole locale, realizzate in ceramica, legno, lana o seta. Come fate a reggere la concorrenza economica con una bambola in plastica prodotta da una multinazionale? Semplicemente non potete! Va bene, direte voi, sul prezzo non si può competere, ma sulla qualità artistica non c’è sfida: vince l’artigiano. Siete sicuri? Credete che vostra figlia preferisca la vostra “vecchia bambola di pezza” (vecchia come concezione anche se nuova) rispetto alla Barbie che vede nelle pubblicità in TV, nei cartoni animati e con le quali giocano le loro star preferite? Una guerra persa, se credete che sia così siete vecchi dentro. Pensate di poter fare concorrenza alla Mattel? E come? Pagando Miley Ray Cyrus per farsi fotografare mentre gioca con la vostra bambola? Non credo che vi basterebbe vendere la casa.
Multinazionali: agricoltura e artigianato
Non finisce qui però. La grande industria è stata sin dalle origini cosa da multinazionali, negli anni ’70 le multinazionali hanno cominciato a scalzare l’artigianato ed ora, negli anni 80, cominciavano anche a far fuori gli agricoltori. Oggi ci sembra normale, ma all’epoca sembrava folle raccogliere un Ananas in Brasile, trasportarlo in Italia e venderlo nel bancone di un supermercato. Già ci avevamo messo anni ad abituarci ai “fagioli in scatola”. Già, che senso ha mettere i fagioli in scatola? Costa di più la scatola dei fagioli… Il nuovo che avanza, ci si deve abituare, o forse, sarebbe meglio dire rassegnare.
Economia e sfruttamento
In quegli anni poi, non solo l’economia diventava globale, ma anche l’informazione. Si cominciava a scoprire infatti che in Africa i lavoratori delle miniere dove si estraggono l’oro ed i diamanti che tanto ci piacciono, venivano trattati alla stregua di schiavi. Si scopriva che anche i “campesinos”, i lavoratori delle aziende agricole e degli allevamenti del Sud America, erano trattati allo stesso modo. E non basta, altro che agricoltori che amano la terra. Nelle coltivazioni delle grandi multinazionali venivano usati pesticidi tossici (oggi teoricamente proibiti), gettati direttamente dagli aerei in quantità approssimativa (in grado di infettare i prodotti che finiscono nelle nostre tavole e direttamente la salute degli agricoltori locali). Facciamo una sintesi: le nostre aziende non sono più in grado di sostenere la concorrenza delle multinazionali e rischiano di chiudere, i prodotti che acquistiamo spesso sono di bassa qualità, tossici e prodotti da lavoratori sfruttati con criteri che, in Italia, sarebbero addirittura illegali. No, bisogna porre un freno a tutto questo. Negli anni ’80 finalmente si prendeva coscienza di tutto questo. In realtà, alcune menti illuminate, avevano “capito tutto” già trent’anni prima, ma, come sempre, i profeti “servono alla gente trent’anni dopo per dire che avevano ragione”.
Nascono i primi Gruppi di Acquisto Solidale GAS
In questo contesto in quegli anni nasceva il concetto di “acquisto etico” e su questi presupposti nascevano i primi GAS, Gruppi di Acquisto Solidale. Ovviamente non posso escludere che qualche realtà rispondente a queste caratteristiche, o simile, fosse già esistita prima, ma quello è stato scelto come “decennio simbolo” di questa nascita. Meno male, nel decennio simbolo della superficialità, quello che ha seppellito i grandi ideali ed ha sostituito i dibattiti con Pasolini ed Umberto Eco con i fagiolini della Carrà e Striscia la Notizia, qualcosa di buono è arrivato.
Obiettivi dei Gruppi di Acquisto Solidale
Cosa si prefiggevano questi GAS? Di sovvertire il processo in atto, per cui comprare da produttori locali, in modo tale da:
- aiutare l’economia locale
- osteggiare l’avanzamento delle multinazionali che stavano conquistando sempre più quote di mercato
- poter facilmente verificare: la qualità del prodotto, la qualità del processo produttivo, l’utilizzo di sostanze non nocive per la salute
- avere la certezza che nessun bambino, operaio o contadino potesse essere sfruttato durante questo processo
Altri aspetti, sicuramente interessanti e presi in considerazione, vengono in secondo piano. Primo tra tutti quello della convenienza economica. Qui, più che al prezzo più basso, si punta al prezzo “equo”. Il gruppo non nasce per spendere meno, anche se il risparmio è comunque un’aspetto interessante. Si cerca quindi di trattare un buon prezzo, ma senza mettere il produttore alla ghigliottina. L’ho già detto in atri articoli, fate attenzione che un gruppo d’acquisto molto forte, se dimentica l’aspetto etico, rischia di diventare come la grande distribuzione, ed obbligare il nostro agricoltore, artigiano o tecnico, a dei prezzi così bassi che lo obbligano a lavorare in perdita o a sacrificare la qualità del prodotto.
È difficile organizzare un Gruppo di Acquisto Solidale?
Ni, non è ovviamente un’impresa impossibile, ma è meno facile di quanto potrebbe sembrare in un primo momento. Come per tutte le cose, anche per organizzare un Gruppo di Acquisto Solidale, la cosa più difficile è trovare le risorse umane, ovvero un gruppo di persone che condividano questa idea e che, soprattutto, abbiano voglia di dedicare del loro tempo a questa idea. Come in tutte le cose, l’aspetto umano è sempre il più importante. Una volta creato il gruppo comincia il lavoro vero, lavoro che, in linea di principio, richiede l’impegno costante del team, che si divide in due step. Quello che avviene nelle riunioni e quello che avviene fuori. Vediamo se riesco a spiegarmi. Supponiamo di voler comprare della frutta, che ne so, delle pesche, restando aderente ai “punti cardine” elencati sopra . Allora, qualcuno del team, dovrà cercare:
- studiare eventuali certificazioni di qualità attinenti il mercato della frutta e delle pesche
- cercare un elenco di aziende agricole che producano pesche che rispondano alle certificazioni che ci siamo imposti di richiedere
- visitarle, accertarsi che le cose siano come ci si aspetta, e chiedere informazioni relativamente alla produzione, al periodo di produzione, alla quantità prodotto, alle consegne ai privati, ai prezzi e via dicendo
- sapere se rispettano i nostri parametri di rispetto dell’ambiente
- avrei voluto evitare di parlare di sfruttamento dei lavoratori, in quanto, in Italia, darei per scontato che tutti i braccianti agricoli lavorino nel rispetto della normativa. Purtroppo, di recente, i mezzi di informazione ci hanno raccontato esempi di sfruttamento criminale di lavoratori nel periodo della raccolta. Certo, accertamenti in questa direzione sono compito della magistratura e delle istituzioni preposte, non di un gruppo di acquisto. Il mio invito è, nel caso doveste avere fondati sospetti, di segnalare la cosa alle autorità ed evitare iniziative.
Selezionare un azienda dove acquistare
Credetemi, se avete selezionato una decina di aziende, vi ci vorrà molto tempo a visitarle tutte. Immaginate che, in un sabato pomeriggio, ne riuscirete a visitare 3. Per cui finirete per rinunciare a qualche weekend al mare per portare avanti il lavoro. Lo so che, se correte un po’, ne potete visitare anche 6 di aziende in un pomeriggio, ma la mia idea resta che queste cose devono essere un piacere e, se non avete il tempo per fermarvi a chiacchierare col fattore, assaggiare il vino locale ed una fetta di salame dell’allevatore vicino, in breve tempo resterete senza motivazione.
Prendere una decisione prima di acquistare
Una volta raccolte le informazioni le dovete presentare alla riunione, discutere e prendere una decisione. Non dimenticate poi che, in ogni associazione, si infiltra una di quelle persone presenti solo per rompere le scatole, quindi sarete anche obbligati a fare lunghe discussioni, se non litigi, per portare a termine una decisione. E stiamo parlando solo di pesche, figuriamoci se parlassimo di qualcosa di più complesso. La verità è che un gruppo di acquisto solidale GAS, ha senso solo se vi divertite a farlo, altrimenti prendete seriamente in considerazione l’idea di lasciare perdere. Vi richiedono un grosso investimento in fatto di tempo, a fronte di un risparmio economico che sicuramente non vale l’impegno profuso (se risparmiate 30 centesimi al kg per le pesche, ma avete investito 10 ore e 50€ di benzina nel progetto, quante ne dovete mangiare per arrivare in pari?). Credetemi però che può essere divertente, conoscerete un sacco di gente interessante, di realtà produttive, imparerete ad apprezzare di più le cose che comprate e vi farete amici un sacco di produttori.
Informazioni legali
In Italia è sempre meglio fare le “cose per bene”. Premesso che nessuno vi proibisce di mettervi d’accordo con alcuni amici sul “dove andare a fare la spesa”, se volete fondare un’associazione, ci sono degli aspetti legali di cui tenere conto. Vale anche se volete formare un gruppo di acquisto, per cui vi invito ad informarvi presso uno studio legale e di seguire la fedelmente la normativa.