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Cos’è un gruppo d’acquisto

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Se cerchiamo su wikipedia, troveremo che un gruppo d’acquisto è un insieme di consumatori che si riunisce per acquistare delle merci direttamente dal produttore, saltando i passaggi intermedi. Questo permette di mantenere i prezzi più bassi e di garantire prodotti più genuini, visto che la fonte che ce li fornisce è nota. Si tratta di una definizione interessante, non so se sia quella “ufficiale”. Comunque non è quella che piace a me.

La distribuzione di oggi.

La distribuzione è radicalmente cambiata negli ultimi decenni e, a parer mio, in peggio. Ci sono molti parametri etici, estetici, di distribuzione del reddito e di qualità che, a parer mio, sono andati peggiorando. Ne parlerò in maniera più ampia nei prossimi articoli. Ad ogni modo, il mercato della distribuzione al dettaglio, ha visto la comparsa di immense catene, ormai di dimensioni ultranazionali. Ormai in ogni angolo del mondo potete trovare un “Apple Store”. Ma come hanno agito negli anni i grandi distributori? Vediamolo con un esempio.

Come agisce la grande distribuzione

Immaginate di essere produttori di dadi da gioco (non riuscivo a pensare ad un oggetto più semplice). Vendete i vostri dadi ai negozi a 100 lire l’uno (si, lo so che siamo all’Euro, ma le cento lire suonano ancora meglio). Ogni negozio compra 1 dado al mese, ed avete cento clienti. In questo modo vendete 100 dadi al mese, e questo vi permette di sopravvivere. Potreste produrne anche di più, ma poi non sapreste a chi venderli. Anzi, magari avete ancora il magazzino pieno di merci che non siete ancora riusciti a vendere. Ed ecco la benedizione: una grande catena si presenta, e vi chiede se siete in grado di fornirgli 200 dadi ogni mese. Caspita si! Solo una cosa, loro si impegnano a comprarne 200 al mese, però vogliono pagarli 80 lire l’uno. Visto che a noi produrli costa 50 va benissimo. E così il business si allarga. Loro comprano a 80 e vendono a 90, e di conseguenza, i piccoli, che comprano a 100, sono costretti a chiudere. Meglio, così li vendiamo tutti e 300 alla grande distribuzione, che tutti i mesi compra e paga in contanti. Niente fatture non pagate, niente mesi andati storto, nessuna difficoltà a progettare il futuro.

Conseguenze per i produttori e per i consumatori

Sembra tutto perfetto, ma, a questo punto, il cliente chiede di passare a 70 lire il pezzo. La cosa non ci fa molto piacere, ma visto che spendiamo 50… poi però i 70 diventano 60, e già qui ci rendiamo conto che stiamo lavorando quasi gratis, che non abbiamo più una plusvalenza che ci permetta di investire per migliorare la produzione e che siamo sul filo di lana: un incidente ai macchinari, una partita riuscita male o qualche altra perdita straordinaria ci potrebbe mettere in ginocchio. Stiamo valutando se continuare il rapporto, quando ci viene chiesta un’ulteriore riduzione di prezzo. Ma come? Oltretutto, avendo fatto fuori la concorrenza, adesso i dadi li vendono a 200 lire, tanto sono gli unici ad averli. Si cerca un accordo, ma niente, è impossibile. E allora che si fa? Si decide di rompere il rapporto. Ammesso che le clausole contrattuali lo permettano, una volta interrotta la fornitura, a chi li vendiamo i dadi? La rete vendita non l’abbiamo più, i piccoli negozianti sono tutti falliti… niente, non c’è più nessuno disposto a comprare i nostri dadi. E allora come si va avanti?

Passare da titolari a dipendenti

A forza di riduzioni del prezzo di vendita, l’azienda sta per saltare. Non ce la facciamo più. Chiediamo un appuntamento al cliente e gli esponiamo il problema, e lui ha la soluzione: ti prestiamo i soldi, diventiamo ufficialmente il tuo unico cliente, comincerai a produrre i prodotti col nostro marchio, ecc ecc, in altre parola “diventiamo soci”. In pratica, alla fine, hanno assorbito la nostra azienda. La cosa bella è che non avranno in mano un pacchetto aziendale, l’azienda rimane al produttore al 100%, solo che essendo loro che decidono produzione e prezzi, di fatto siamo dei dipendenti che rischiano di capitale proprio. Un’assurdità.

La conoscenza come arma di difesa

Ne consegue che questi grandi gruppi stanno diventando una potenza, decidono loro cosa ci deve essere negli scaffali, quanto deve costare, quando lo dobbiamo trovare e a che prezzo. Sia chiaro, da questo sito non attaccherò mai nessuno. Ognuno è libero di agire come preferisce, fintanto che si trova all’interno della legge. Se ai consumatori va bene così, non vedo perché debbano fare diversamente. Quello che vorrei io è che ci fosse un’alternativa, che i consumatori potessero organizzarsi e comprare ciò che vogliono, dal fornitore scelto da loro e che siano direttamente loro a trattare con il produttore le caratteristiche del prodotto e, nel limite del possibile, il prezzo. Questo sarà possibile solamente se i consumatori facessero gruppo. Ma prima ancora, è necessaria una cultura del consumo e del consumatore, altrimenti è una guerra già persa. Ricordiamoci che i grandi gruppi gestiscono poderosi strumenti di markenting, capaci di influenzare pesantemente i consumatori, l’unico modo per non farsi condizionare è la conoscenza

La mia visione di gruppo di consumatori

Dicevo, dove sta la differenza nel concetto di gruppo di consumatori di Wikipedia ed il mio? Che nel mio caso non è indispensabile andare alla fonte, al produttore. Anche dare strumenti alla piccola distribuzione può essere la soluzione. Immaginate il piccolo negozio di paese che vende formaggi di malga (è facile per noi friulani, non so se sia altrettanto facile in tutto lo stivale): ebbene, noi potremmo accordarci per una fornitura di 100 forme di formaggio al mese, contrattando qualità e prezzo, e poi lasciando che sia lui a rifornirsi dai vari produttori. La professionalità è sempre un’ottima risorsa.

Leggo per legittima difesa

Come già detto sopra, il primo passo verso la libertà, è la conoscenza, ecco perché da qui cercherò soprattutto di fornire informazioni, conoscenza e, magari, di dare il via ad un sano dibattito. Il contributo dei lettori è fondamentale. Voglio terminare con una frase del grande Woody Allen: “leggo per legittima difesa”.

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